La tubercolosi è di moda: i giornali ne parlano, la televisione evidenzia che ci si ammala più di tubercolosi che di meningite (altra malattia di moda), le riviste ci spiegano che nuovi microbi tubercolari non rispondono più agli antibiotici.
La si credeva debellata e il trend era confortante (grafico 1): già in regressione prima dell’avvento degli antibiotici (con riacutizzazioni epidemiologiche solo nel periodo delle guerre mondiali), avrebbe dovuto sparire nella prima decade del nuovo millennio. Una ripresa in America negli anni ’80 – 90 annunciò invece che le cose sarebbero andate diversamente e l’interesse per la malattia si riaccese.
I numeri nel mondo occidentale, sono impressionanti: 69.000 morti in un anno in Europa; in Italia 7 – 8 nuovi malati per 100.000 abitanti, cioè più di 4000 all’anno, con più di 400 decessi all’anno, il triplo di tutti i morti del pianeta per la tanto pubblicizzata SARS. Nel solo Piemonte quasi 300 casi l’anno.
Inserendo nelle statistiche i Paesi in via di sviluppo il conteggio globale dei malati e dei morti diventa drammatico: 9 milioni/anno di nuovi ammalati, più di un milione e mezzo di morti ogni anno (dire che 3 persone muoiono di tubercolosi ogni minuto è ancora più impressionante!).
E’ ovvio che l’enorme serbatoio di micobatteri (così si chiamano i microbi della Tb) presente nel Terzo Mondo, in regime di globalizzazione, non può restare isolato e conta pesantemente nel determinare l’incidenza della malattia anche da noi: la metà dei tubercolotici in Italia sono residenti stranieri.
Attenzione però: la maggior parte di essi si ammala dopo l’arrivo in Italia: non “la porta” dal paese di origine, ma “se la prende” qui. Le cause? Povertà, malnutrizione, vita in ambienti malsani in promiscuità (e quindi in facilità di contagio). Naturalmente ci sono anche quelli che arrivano ammalati e infettivi – incontrollati – in Italia e anche quelli che ci vengono apposta per farsi curare bene e gratis dal nostro generoso Servizio Sanitario Nazionale.
Ma anche fra gli Italiani ci sono situazioni analoghe che favoriscono lo sviluppo della tb.
C’è poi da considerare il crescente numero di immunodepressi: persone che per vari motivi non è in grado di difendersi adeguatamente dall’attacco dei micobatteri. La malnutrizione fa mancare i “mattoni” per la costruzione delle difese, ma anche il superlavoro, l’alcolismo, le tossicodipendenze fanno la loro parte. Poi ci sono le malattie immunodeprimenti come i tumori e soprattutto l’infezione HIV e molti farmaci immunosoppressori, come il cortisone e i medicamenti anti-rigetto.
Ma non c’è solo la riduzione delle difese a favorire il contagio. Il rischio generale di contagio dipende dal numero di micobatteri emessi nell’ambiente con goccioline di saliva espulse con i colpi di tosse dai soggetti bacilliferi. Questo numero dipende dal numero dei malati infettivi e dal tempo nel quale disperdono i loro microbi (prima di guarire o di essere isolati o … di morire); dipende inoltre dalla facilità con cui i sani avvicinano gli infettivi (la promiscuità di cui si diceva prima).
Ora i tempi di diagnosi di tubercolosi (e quindi di diffusione dei micobatteri) tendono ad allungarsi sia perché sono diminuiti i controlli (non sono più obbligatori esami per escluderla nelle persone a contatto con il pubblico, come insegnanti, sanitari, alimentaristi), sia perché i medici sono meno preparati sull’argomento … all’ Università avevano detto che era una malattia in via di scomparsa…