Per polmonite si intende un processo infiammatorio acuto o subacuto che coinvolge il parenchima del polmone (cioè bronchioli respiratori, alveoli e l’interstizio fra queste strutture, comprendente anche i capillari polmonari).
In presenza di un significativo interessamento anche dei bronchi afferenti al focolaio pneumonico si parla di broncopolmonite (ma la differenza sul piano clinico è poco significativa). Se il focolaio pneumonico è subito al di sotto della pleura è possibile un’infiammazione anche di questa struttura, con una reazione fibrinosa o con un versamento: parleremo allora di pleuropolmonite.
Le cause possono essere infettive, da agenti chimici (inalazioni di sostanze irritanti) o fisici (radiazioni), immunitarie. In questa sede ci occuperemo solo delle cause infettive: batteriche, virali, fungine, parassitarie.
Le polmoniti infettive possono essere classificate secondo vari criteri: epidemiologico, eziologico, istopatologico.
CLASSIFICAZIONE EPIDEMIOLOGICA
Le polmoniti rappresentano tuttora, nonostante le cure antibiotiche, una causa importante di morte (la 6a) soprattutto nelle età estreme della vita e soprattutto in persone già affette da altre patologie.
Negli schemi più aggiornati si riconoscono:
CAP
Community Acquired Pneumonia: polmonite in persone non ricoverate in ospedale da almeno 72 ore, nelle quali si può sospettare una infezione da agenti diffusi genericamente nell’ambiente
HAP
Hospital Acquired Pneumonia: polmonite in persone ricoverate che non avevano la polmonite all’accettazione in ospedale; ovvero in persone dimesse dall’ospedale da meno di 72 ore
VAP
Ventilator Associated Pneumonia: polmonite in pazienti in ventilazione artificiale
HCAP
Health-Care Acquired Pneumonia: polmonite in pazienti sottoposti a terapie a lungo termine in day hospital, in dialisi
NHAP
Nursing-Home Associated Pneumonia: polmonite in pazienti residenti in case di riposo
Polmoniti in immunocompromessi
EPIDEMIOLOGIA DELLE CAP
- In Europa e America: sesta causa di morte e prima fra le malattie infettive
- Maggior incidenza nel sesso maschile
- In Italia: incidenza del 12/1000/anno
- Fasce di età più colpite: < 5 anni e > 75 anni
- Stagionalità: invernale in relazione all’influenza, più estiva la legionella
CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA
Le polmoniti possono essere causate da batteri, virus, miceti, protozoi (In primis lo Streptococcus pneumoniae o pneumococcco che da solo è causa di oltre il 50% delle polmoniti batteriche), ma anche Haemophilus influenzae, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae, Clamydia. Legionella pneumophila può dare piccole epidemie localizzate, in virtù della sua via di trasmissione (aria condizionata, acqua). Quelle da Pseudomonas aeruginosa e da altri gram negativi sono più rare e più gravi. Le polmoniti micotiche (aspergillus, candida, pneumocistis jerovecii) sono tipiche degli immunocompromessi. Germi anaerobi sono spesso in causa nelle polmoniti “ab ingestis”
CLASSIFICAZIONE ISTOPATOLOGICA
Polmoniti alveolari: presentano essudato infiammatorio all’interno dell’alveolo che rende compatto il tessuto polmonare, escludendo la presenza di aria negli alveoli.
Polmoniti interstiziali: caratterizzate dalla presenza
di infiltrati infiammatori nei setti interalveolari, cioè prevalentemente al di fuori dell’alveolo, che conserva un certo contenuto di aria.
Polmoniti necrotizzanti: con processi di necrosi cioè di distruzione di tutte le strutture parenchimali con la formazione di cavià (ascessualizzazione).
CORRELAZIONI DELLE CLASSIFICAZIONI
Le polmoniti alveolari sono più spesso batteriche, (tipica quella da pneumococco, talora ad estensione lobare); quelle interstiziali sono per lo più virali, da micoplasmi o da clamidie.
Le polmoniti comunitarie batteriche, oltre che da pneumococco, possono essere sostenute da stafilococco, più raramente da Klebsiella pneumoniae o da emofili.
Le HAP e le NHAP sono più spesso sostenute da staphylococcus aureus , da pseudomonas spp, da eschiricchia coli, da acinetobacter (con quadri alveolitici), ma le forme virali (interstiziali) non sono rare. Germi diversi sono in causa a seconda della fonte di contaminazione ospedaliera (vedi tabella seguente)
Le VAP presentano maggiore gravità, non solo per le condizioni più critiche dei pazienti, ma anche per maggiore aggressività batterica: germi multiresistenti come MRSA (multi-drug resistant staphylococcus aureus), stenotrophomonas maltophilia sono più frequenti, spesso con focolai multipli.
I pazienti immunocompromessi sono spesso anche aggrediti da germi poco aggressivi nella popolazione sana: Pneumocistis jerovecii (una volta denominato pneumocistis carini), cytomegalovirus, miceti.
La compromissione immunitaria può essere legata a malattia, tipicamente all’AIDS ma anche a diabete e neoplasie; spesso è in gioco etilismo e denutrizione. Molte terapie antitumorali e antirigetto nei trapianti d’organo riducono le possibilità di difesa dell’oragnismo.
PATOGENESI
Abitualmente il microrganismo patogeno raggiunge il polmone per via aerea, anche quando il vettore principale del microrganismo patogeno è l’acqua, come nel caso di Legionella pneumophyla: in questo caso sono inalate goccioline contenenti il batterio aerosolizzate nella doccia o nell’aria condizionata. In questo caso il contagio non è mai interumano, come invece avviene nella maggioranza degli altri casi.
Raramente il patogeno arriva al polmone per disseminazione ematogena a partenza da altri focolai infettivi.
Per impiantarsi nel tessuto polmonare i microrganismi devono però superare i meccanismi di difesa che ai vari livelli sono predisposti per ostacolarlo.
- Clearance muco-ciliare: sistema di ciglia mobili che spostano un film mucoso dai bronchi verso il laringe. Il muco intrappola i germi che, deglutiti, verranno distrutti dall’acidità gastrica
- Tosse sternuti, che liberano violentemente le vie aeree del loro contenuto mucoso e batterico (diffondendolo nell’ambiente e sulle mani di chi educatamente se le pone davanti alla bocca)
- Anticorpi (IgA secretorie) disposti nella parte alta dell’apparato respiratorio
- Macrofagi alveolari: cellule mobili negli alveoli che ingeriscono e distruggono i microrganismi vivi. Sono richiamati in maggior numero dall’aumento di corpi estranei nell’aria inspirata.
Devono perciò sussistere fattori concausali favorenti, che in vario modo, anche solo temporaneamente, disturbino le difese dell’organismo: fumo, inalazione di aria fredda o molto polverosa (come nelle miniere), età avanzata, denutrizione, protratta ospedalizzazione con manovre chirurgiche o rianimatorie, ma anche infezioni delle prime vie aeree, diabete, insufficienza renale, malattie autoimmuni e neoplastiche , terapie immunosoppressive.
Diversi sono i meccanismi di indebolimento delle difese polmonare dai microrganismi patogeni; ad esempio:
- Nei fumatori, con o senza BPCO gioca l’ipossiemia, la compromissione ciliare, l’alterazione dell’attività dei macrofagi
- Anche nell’edema polmonare l’attività macrofagica è ridotta
- Se vi è compromissione dello stato di coscienza o disfagia vi può essere inalazione di alimenti e di germi nell’apparato respiratorio (polmoniti ab ingestis), provocando una occlusione di un bronco e l’infezione nel territorio a valle
- Durante o dopo una virosi può registarsi una ridotta presenza di anticorpi IgA, una alterata adesività batterica, una insufficiente clearance ciliare
- In caso di denutrizione è la stessa produzione di anticorpi ad essere ridotta
- Nelle infezioni ORL vi può essere disseminazione ematogena, ma anche caduta di materiali infetti nelle vie aeree inferiori
CLINICA
Le polmoniti alveolari sono significativamente diverse da quelle interstiziali sul piano dei sintomi e dei segni rilevabili alla visita.
Le polmoniti alveolari sono caratterizzate da febbre elevata, insorgente con brivido, tosse con espettorato purulento, talora con striature di sangue.
Il medico con la percussione e l’ascoltazione percepisce spesso il quadro di consolidamento del polmone: alla percusione ascolta un suono sordo (perché gli alveoli sono pieni di essudato), in contrapposizione al suono più chiaro del polmone sano (i cui alveoli contengono aria). Con l’ascoltazione percepisce dei rantoli localizzati nella sede del focolaio.
La radiografia documenta un quadro di addensamento polmonare compatto, spesso di estensione lobare o segmentaria, talora solcato dalle immagini radiotrasparenti dei bronchi (broncogramma aereo).
Gli esami ematologici dimostrano alterazioni anche assai rilevanti degli indici ematologici di flogosi:
E’ opportuna l’esecuzione degli esami ematologici il più precocemente possibile, anche al fine di ottenere un criterio di valutazione dell’andamento della malattia con controlli successivi.
Nelle polmoniti interstiziali per contro il quadro clinico è sfumato, con cefalea, mialgie, mal di gola, tosse secca, talora con dolore retrosternale. La visita medica spesso non mette in rilievo nulla di significativo, anche se il focolaio pneumonico è esteso, perché gli alveoli contengono comunque aria (anche se meno del normale).
Spesso anche gli esami di sangue sono poco utili, non documentandosi un aumento dei globuli bianchi. La radiografia evidenzia un addensamento meno netto, sfumato, di opacità tenue, con aspetti tipo “vetro smerigliato” o “nido d’ape”, con ingrandimento ilare omolaterale. La dissociazione clinico-radiologica è proprio un elemento caratteristico delle polmoniti interstiziali.
DIAGNOSI
La diagnosi di polmoniti necessita inevitabilmente del dato radiologico, anche se nelle forme alveolari il quadro obiettivabile alla visita medica è spesso molto indicativo (ipofonesi e reperto rantolare localizzati).
La radiografia, (da eseguire in 2 proiezioni, antero-posteriore e latero-laterale) oltre a confermare il sospetto diagnostico, è indispensabile per smascherare le forme interstiziali non evidenti all’esame clinico (e quindi permettere la diagnosi differenziale fra polmonite alveolare e interstiziale) ed è inoltre utile per definire l’estensione della polmonite, l’eventuale presenza di versamento pleurico e per scoprire eventuali altre patologie polmonari concomitanti; poi sarà utile per seguire l’andamento della malattia.
Gli esami ematologici documentano gli indici di flogosi precedentemente ricordati, indirizzano sulla natura della polmonite, sono di aiuto nel seguirne l’evoluzione, evidenziano eventuali patologie concomitanti (diabete, insufficienza renale) che possano condizionare l’andamento della malattia o la sua terapia (per esempio indurre a ridurre il dosaggio degli antibiotici nell’insufficienza renale).
Talora è possibile identificare il germe in causa con esami batteriologici e colturali dell’espettorato; sono più rapidi e quindi più utili le ricerche degli antigeni urinari di pneumococco e di legionella; per il mycoplasma è possibile documentare l’aumento anticorpale in prelievi successivi.
L’emocoltura può documentare la presenza di germi nel sangue, in casi particolarmente gravi. Solo eccezionalmente sono necessari esami invasivi (broncoscopia, biopsia).
CRITERI DI OSPEDALIZZAZIONE
Naturalmente non tutte le polmoniti hanno la stessa gravità, sia per motivi inerenti la virulenza del microrganismo patogeno in causa, sia per diversa capacità di difesa del paziente.
Nella maggioranza dei casi le CAP vengono trattate a domicilio con cure antibiotiche, riservando l’ospedalizzazione ai casi più gravi. Le linee guida contemplano una casistica di indicazioni al ricovero, classificando i pazienti in categorie di rischio (Pneumonia severity score o Port score).
Il rischio di mortalità è assai basso nelle categorie I e II, è decisamente elevato nelle categorie superiori; le categorie IV e V necessitano assolutamente di ricovero. In molti Pronto Soccorso si trova un calcolatore per un calcolo rapido del PSI.
PORT SCORE – PSI
TERAPIA
Come in tutte le malattie da infezione l’ideale teorico sarebbe quello di identificare l’agente patogeno, saggiarne in vitro la risposta agli antibiotici e prescrivere i farmaci più indicati.
L’ incertezza sulla possibilità di ottenere queste indicazioni (non superiore al 50%) e l’impossibilità di ottenerle comunque in tempo utile rendono opportuna una terapia antibatterica empirica, basata su considerazioni di tipo statistico associate alla documentazione anamnestica, radiologica ed ematologica: si riesce così ad avvicinarsi alla possibile causa eziologica, come riassunto nella tabella
La scelta dell’antibiotico verrà fatta dal medico basandosi anche su questi criteri, ma considerando inoltre la tollerabilità da parte del paziente, le eventuali comorbilità e il modo migliore di associare il nuovo farmaco con quelli già in uso.
La terapia antibiotica è opportuna anche nelle forme virali intanto perché non c’è certezza che siano effettivamente tali e poi perché sulla primitiva infezione virale, per la caduta delle difese, è possibile si possa sovrapporre una forma batterica.
Naturalmente, soprattutto in ambiente ospedaliero, gli aggiustamenti della terapia saranno tempestivamente indicati dall’evoluzione clinica, radiologica ed ematologica. In trattamento domiciliare è prudente un controllo clinico dopo pochi giorni e – se il quadro migliora – un controllo ematologico dopo una decina di giorni ed uno radiologico dopo almeno 15 giorni.
Alla cura antibiotica può essere associata una terapia cortisonica. Spesso sono utili fluidificanti delle secrezioni ed in ogni caso una buona idratazione.
PREVENZIONE
La prevenzione passa attraverso il controllo – meglio la cancellazione – dei fattori favorenti:
- Cessazione del fumo
- Terapia ottimale della broncopneumopatia cronica ostruttiva con broncodilatatori, del diabete, dell’insufficienza renale
- Vaccinazione anti-influenzale e tempestiva terapia dell’influenza
- Vaccinazione antipneumococcica, ricordando che streptococcus pneumoniae da solo è l’agente causale di più del 50% delle polmoniti. Pur non essendo una vaccinazione obbligatoria viene eseguita anche negli Uffici d’Igiene.
- Igiene orale e cura delle infezioni ORL
- Evitare ambienti affollati in periodi di epidemie
- Lavaggio accurato e frequente delle mani (chi tossisce con la mano davanti alla bocca vi trattiene il 90% dei germi, che poi disseminerà per contatto diretto (strette di mano) o indiretto.
- Controllo degli impianti di condizionamento dell’aria per evitare ristagni di liquidi nei quali possa svilupparsi In grandi ambienti comunitari, per es. ospedali controllo della carica batterica nell’acqua e cicli di sterilizzazione delle tubazioni con acqua a temperatura elevata.